In un’Europa sempre più povera, la ricchezza (ancora) non paga
Un sondaggio realizzato dalla società francese Ipsos a inizio settembre a cui hanno risposto 10mila persone in Francia, Germania, Grecia, Italia, Polonia, Regno Unito, Portogallo, Moldavia e Serbia ci racconta un momento difficile per gli europei.
Per il 55 per cento delle persone interrogate il potere d’acquisto è diminuito negli ultimi tre anni, e la prima causa identificata è, senza sorprese, l’aumento dei prezzi. Un terzo degli intervistati dice di essere precario (29 per cento in media, quasi il 50 per cento in Grecia e Moldova). Il 30 per cento afferma di aver già saltato un pasto, un terzo dichiara che il salario che percepisce non è più sufficiente. Ed Eurostat, conferma questa tendenza: nel 2022 95,3 milioni di persone nell’Ue erano a rischio di povertà o esclusione sociale, ovvero il 21,6 per cento della popolazione.
L’Europa del lavoro, in tutte le sue forme: dal salariato classico, alle forme ibride e precarie, è sempre più povera.
All’opposto, uno studio dell’Ocse analizzato del mensile francese Alternatives Economiques ci spiega che il lavoro è più tassato del capitale: ad eccezione di soli tre paesi (Svizzera, Spagna e Colombia), ovunque nel mondo è fiscalmente più interessante guadagnare in dividenti che in stipendi. E guarda caso, siamo in un periodo in cui i dividendi godono di ottima salute: 568,1 miliardi di dollari è il montante totale dei dividendi distribuiti dalle 1.200 aziende quotate in borsa nel secondo trimestre 2023, ovvero le più grandi aziende mondiali. Una crescita del 4,9 per cento rispetto al 2022 (dati Janus Henderson, dati di aprile-giugno, riportati dal Libération).
Tassare meglio e di più il capitale è quindi una delle soluzioni per rispondere alla crisi?
Una proposta arriva dal gruppo Verdi/ALE al Parlamento europeo, che lo scorso 15 settembre ha reso pubblico un rapporto “Tax the rich: From slogan to reality”, realizzato in collaborazione con l’Ong Tax Justice Network sulla base dei dati del World Inequality Database: un’imposta patrimoniale “moderata e progressiva”, che tocca lo 0,5 per cento più ricco di ogni paese europeo, raccoglierebbe oltre 213 miliardi di euro di entrate fiscali aggiuntive all’anno. Secondo il quotidiano francese Le Monde, questo “0,5 per cento della popolazione detiene circa il 20 per cento della ricchezza europea, contro il 3,5 per cento della metà meno ricca. Questa ricchezza è aumentata del 35 per cento in dieci anni”.
Nella stessa direzione va un’iniziativa dei cittadini europei, presentata dagli esponenti socialisti belga Paul Magnette e francese Aurore Lalucq, che la Commissione europea ha accolto. Il 9 ottobre si è aperta la raccolta firme per questa tassa sui grandi patrimoni destinata a finanziare la transizione ambientale, sociale e la cooperazione allo sviluppo.
Secondo la Banca centrale europea, la transizione ecologica costerà cara. E parecchio. Soprattutto per i cittadini: aumenti delle fatture energetiche dal 5 fino al 50 per cento nel peggiore degli scenari.
Tassare la ricchezza sembra complicato, eppure è possibile.
La Spagna ha aperto le danze: come racconta l’agenzia EFE una “tassa di solidarietà” toccherà i patrimoni spagnoli di almeno 3 milioni di euro, accompagnata da un aumento della tassa sugli utili da capitale e, in parallelo, da un innalzamento delle soglie di imposizione per i redditi più bassi.
Sullo stesso tema
Restos du cœur: “Lo stato uberizza la solidarietà e si deresponsabilizza”
Elsa Da Costa | La Croix | 9 settembre | FR
“Restos du cœur” è una delle più grandi associazioni francesi che si occupano di distribuzione alimentare. L’associazione ha lanciato ad inizio settembre un allarme: quest’anno ci sono 1,3 milioni di francesi iscritti alle liste di distribuzione, un aumento del 20 per cento rispetto al 2022, anno che già aveva visto esplodere le cifre. Il rischio è la chiusura. Bernard Arnault, uno degli uomini più ricchi del mondo e proprietario del gruppo di lusso LVMH, ha risposto all’appello, versando 10 milioni di euro. Generosità? Su un patrimonio stimato di 214 miliardi di euro, a quanto corrisponde? L’esperto di cybersicurezza Mathis Hammel ha creato un comparatore per farci capire a cosa corrisponde: su un reddito di 35mila euro per esempio? A 1,64 euro.
Perché il problema è il grande assente: “Lo stato dov’è?”, si chiede Elsa Da Costa. “Lo Stato uberizza la solidarietà, sottraendosi alle proprie responsabilità, quelle di affrontare alla radice le cause dell’insicurezza alimentare. E i più poveri fanno la fila alle mense”.
Perché abbiamo smesso di credere nei ricchi?
Michał Zabdyr-Jamróz | Znak | 18 luglio | PL (paywall)
Per decenni, la narrativa dominante nei mezzi di informazione e nel giornalismo (non l’unica, ma tra le più diffuse) è stata quella capitalista-meritocratica che proclamava la ricchezza come prova di merito: imprenditorialità, genio, diligenza… tutte caratteristiche premiate sul libero mercato. Oggi invece si associa sempre di più il ricco ad un buffone, e pare che le performance di personaggi come Elon Musk non abbiano aiutato la “causa”, racconta il politologo Michał Zabdyr-Jamróz.
Intorno al genere
Mestruazioni: il mondo della tech si apre a un nuovo ciclo
Lucie Ronfaut (La Déferlante) | Mediapart | 30 settembre (FR, Paywall)
“Se usi un’app per il monitoraggio delle mestruazioni, cancellala subito”. Flo, Clue, Glow, Natural Cycles: sono tantissime le applicazioni per il monitoraggio delle mestruazioni sul mercato che si dicono orgogliose di lavorare per l’emancipazione femminile. Ma il loro successo solleva una serie di questioni etiche: negli Stati Uniti in particolare alcune sono state accusate di mettere in pericolo le donne in seguito all’abrogazione della sentenza Roe v. Wade che rimesso in discussione il diritto all’aborto. Il giornale indipendente d’inchiesta francese Mediapart, in collaborazione con la rivista femminista La Déferlante, racconta cos’è la “femtech” e quali sono le implicazioni di questa branca specifica della tecnologia.
Coming In: Politiche sessuali e adesione della Serbia all’Ue
Laura Luciani | LSE Review of books | giugno | EN
“In Coming In: Sexual Politics and EU Accession in Serbia” (Manchester University Press. 2023), è un testo di Koen Slootmaeckers, professore di politica internazionale e sociologo britannico. Il libro, recensito da Laura Luciani analizza la questione della promozione da un lato, e della resistenza dall’altro, all’introduzione di norme di uguaglianza per i diritti LGBTIQ+ nei processi di integrazione e adesione all’Ue in Serbia. Una sorta di “europeizzazione forzata” può far sì che certi diritti siano adottati, ma rifiutati a livello locale.
Femministe musulmane, la rivoluzione in arrivo
Françoise Feugas | Orient XXI | 31 luglio | FR, ES
La giornalista Françoise Feugas recensisce l’ultimo libro della sociologa francese di origine algerina e residente in Belgio Malika Hamidi (La révolution des féminismes musulmans. Élaboration théorique et agir féministe, 2004 à 2014). Hamidi, già autrice di Un Féminisme musulman, et pourquoi pas ? (Éditions de l’Aube, 2017) pubblica oggi un testo che fa parlare le donne musulmane. In un contesto in cui queste si trovano a doversi affermare e all’interno della propria comunità, e nello spazio pubblico europeo, districandosi tra i dibattiti spesso tendenziosi sul velo o sull’abbigliamento, questa ricerca dà la parola alle donne. “Vogliamo vivere la nostra religione senza dover subire il dominio, nella società che nella comunità musulmana”, dice una giovane; “Il nostro crescente impegno nelle strutture femministe come donne musulmane dovrebbe far capire che non abbiamo bisogno di separarci dalla nostra identità religiosa per essere accettate come femministe” dice un’altra.
Victoria’s Secret: il pinkwashing femminista del brand condannato da #MeToo
Alba Correa | El Orden Mundial | 26 settembre | ES (paywall)
L’azienda, che ha dominato il mercato della lingerie, sta cercando di fermare la caduta delle vendite e dell’immagine del suo prodotto, nell’era post #MeToo. Alba Correa racconta come Victoria’s Secret cerca di diventare un’azienda inclusiva.